La disciplina della nuova testimonianza scritta nel processo tributario.
Premessa
La Legge 31 agosto 2022, n. 130, recante «Disposizioni in materia di giustizia e di processo tributario», ha modificato in più punti i D.Lgs. del 31 dicembre 1992 n. 545 e n. 546.
In particolare, tra le principali novità, in gran parte in vigore dal 16 settembre 2022, assoluta rilevanza rivestono:
- la riforma dell’ordinamento della giustizia tributaria con l’introduzione di un organo di giurisdizione di ruolo, costituito da giudici a tempo pieno ed assunti per concorso, in sostituzione di quello precedente di tipo onorario;
- la variazione della denominazione degli organi di giustizia tributaria di merito con il passaggio rispettivamente da “Commissione Tributaria Provinciale” e “Commissione Tributaria Regionale” a “Corte di Giustizia Tributaria di primo grado” e “Corte di Giustizia tributaria di secondo grado”;
- l’istituzione del giudice tributario monocratico per le cause minori di valore inferiore ad euro 3.000 (novella in vigore solo a far data dal 1° gennaio 2023);
- l’introduzione della possibilità per il giudice di merito, con riferimento alle controversie di valore inferiore ad euro 50.000, di proporre alle parti una soluzione conciliativa che, se non accolta senza giustificato motivo, impone a carico della parte soccombente non aderente l’obbligo di pagamento delle spese di lite maggiorate del 50 per cento;
- l’eliminazione della necessità di prestare adeguata garanzia ai fini della concessione della sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato qualora al contribuente istante sia stato attribuito un punteggio di affidabilità fiscale pari ad almeno 9 negli ultimi tre periodi d’imposta precedenti a quello di proposizione del ricorso;
- l’introduzione della prova testimoniale scritta da assumere nel rispetto della disciplina prescritta dall’art. 257 bis c.p.c.;
- l’introduzione di un onere della prova “rafforzato” a carico dell’ente impositore il quale è tenuto a dimostrare in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato dal contribuente. Spetta, invece, al contribuente l’onere della prova qualora sia quest’ultimo ad agire in giudizio per ottenere il rimborso di tributi versati;
- la previsione della responsabilità amministrativa per il funzionario dell’Ufficio impositore che abbia immotivatamente rigettato il reclamo del contribuente o non accolto la proposta di mediazione tributaria ex art. 17-bis, D.Lgs. n. 546/1992;
- la possibilità per le controversie soggette a reclamo ai sensi dell’articolo 17 -bis, D.Lgs. n. 546/1992 che l’Autorità giudiziaria formuli alle parti, ove possibile, una proposta conciliativa, avuto riguardo all’oggetto del giudizio e all’esistenza di questioni di facile e pronta soluzione.
La nuova prova testimoniale
Tra le menzionate novità introdotte dalla L. n. 130/2022, meritevole di maggiore approfondimento in questa sede è sicuramente la modifica della disciplina del processo tributario relativamente ai poteri istruttori del giudice.
Invero, l’art. 7, comma 4, D.Lgs. n. 546/1992, nella sua versione previgente, estrometteva espressamente dal novero dei mezzi istruttori utilizzabili nel processo tanto il giuramento quanto la testimonianza, segnando, così, un forte punto di rottura rispetto al rito civile e a quello penale.
L’esclusione di tali mezzi di prova è stata sottoposta spesso in passato a forti critiche da parte della dottrina perché idonea a cagionare una ingiustificata violazione del diritto di difesa del contribuente e del principio di parità delle parti processuali. Difatti, se da un lato era del tutto precluso al contribuente di ricorrere a tali mezzi di prova, dall’altro, era invece riconosciuto il potere dell’Ufficio impositore di dimostrare il comportamento evasivo del privato anche per il tramite di dichiarazioni rese dal contribuente stesso ovvero da terzi in fase istruttoria ed acquisite poi agli atti del processo.
Con la legge di riforma n. 130/2022 (cfr. art. 4, comma 1, lett. c, della L. n. 130/2022), sebbene non siano state apportate modifiche in materia di giuramento (la cui ammissione rimane ancora espressamente esclusa), il legislatore ha, quindi, modificato l’art. 7, comma 4, D.Lgs. n. 546/1992, prevedendo anche nel rito tributario la possibilità di ammettere la prova testimoniale assunta con le forme di cui all’art. 257-bis del c.p.c..
Va subito rilevato che l’ammissione della prova testimoniale nel rito tributario è oggi rimessa alla discrezionalità del giudice tributario il quale può liberamente decidere sull’ammissibilità di essa nel singolo procedimento. In altri termini, la decisione compete soltanto al giudice che può assumerla su impulso delle parti e anche senza l’accordo di esse. Inoltre, la scelta di avvalersi della prova testimoniale deve seguire ad una valutazione del giudice di necessità ai fini del proprio convincimento sulla decisione finale della controversia.
In merito al contenuto della prova testimoniale, il legislatore ha prescritto che, nelle ipotesi in cui la pretesa tributaria oggetto di contenzioso sia fondata sul contenuto di verbali o altri atti dell’Autorità pubblica (ad esempio, un processo verbale giornaliero o un processo verbale di constatazione) facenti fede sino a querela di falso, la prova testimoniale può essere ammessa esclusivamente su circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale. Pertanto, laddove il contribuente volesse contestare la descrizione di un fatto attestato nel verbale del pubblico ufficiale, lo stesso dovrà incardinare innanzi all’Autorità giudiziaria ordinaria apposito procedimento per querela di falso.
Circa, invece, le modalità procedimentali, il novellato art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 546/1992 dispone che la prova testimoniale debba essere assunta nelle forme della testimonianza scritta, secondo le prescrizioni di cui all’art. 257 bis c.p.c.
Di conseguenza, una volta ottenuto il provvedimento di ammissione da parte del giudice tributario, sarà onere della parte istante di indicare su un apposito modello i quesiti sui quali il testimone sarà chiamato a rispondere, rendendo la deposizione attraverso la compilazione del modello preparato dalla parte processuale. Il testimone è tenuto a fornire per ogni quesito formulato una apposita risposta, precisando quali sono i quesiti per cui non è in grado di rispondere ed indicandone la ragione. È, comunque, fatta salva la possibilità per il testimone di avvalersi della facoltà di non rispondere, ai sensi dell’art. 249 c.p.c., con l’onere di specificare, anche in questo caso, le ragioni poste a fondamento della propria decisione.
Dopo aver redatto la sua testimonianza, il teste ha infine l’onere di sottoscrivere ogni singolo foglio e di spedire, entro il termine espressamente indicato, il modello in busta chiusa oppure di consegnare il tutto presso gli uffici della cancellaria della Autorità giudiziaria competente.
Al giudice tributario è in ogni caso consentito, dopo aver valutato le risposte e sempre che lo ritenga necessario, di convocare il testimone in udienza al fine di approfondire i contenuti delle dichiarazioni rese per iscritto.
Va, infine, precisato che la testimonianza costituisce un obbligo di legge per il soggetto chiamato a renderla; tanto è vero che qualora il testimone non spedisca o non consegni le risposte scritte nel termine stabilito, lo stesso può essere condannato dall’Autorità giudiziaria al pagamento della pena pecuniaria di cui all’art. 255, comma 1, c.p.c. (sanzione da un minimo di euro 100 ad un massimo edittale di euro 1.000).
Considerazioni conclusive
Con l’art. 4, comma 1, lett. c), della L. n. 130/2022, il legislatore ha introdotto, anche nel rito tributario, la prova testimoniale, concretizzando un passo in avanti, seppur non ancora decisivo, verso l’eliminazione delle discrepanze in tema di diritto di difesa tra le parti processuali, obiettivamente sussistenti nel processo tributario.
Vi è da dire che, sino ad oggi, l’uso della testimonianza scritta nel processo tributario, seppur non espressamente disciplinato, era quanto meno riconosciuto ammissibile sulla base di un orientamento della Corte di Cassazione volto ad affermare la parità di trattamento processuale che occorreva riservare sia alle dichiarazioni raccolte dai verificatori in fase istruttoria sia a quelle raccolte dal contribuente o dal suo difensore (ex multis, cfr. Cass. civ., Sez. V, 10 febbraio 2006, n. 2940). A tale orientamento della giurisprudenza, che ammetteva però soltanto la valenza “indiziaria” delle dichiarazioni rese dai terzi, si opponeva, però, l’orientamento contrario dell’Agenzia delle Entrate teso ad escluderne qualsiasi valenza, finanche indiziaria, nel rito tributario (cfr. Ag. Ent., Circ. 31 marzo 2010, n. 17/E).
Le conseguenze sono state quelle per cui il contribuente, pur depositando sino a ieri nel processo tributario dichiarazioni scritte di terzi, autenticate innanzi a pubblico ufficiale ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, di fatto, non poteva giovarsi di un vero e proprio strumento di prova in quanto esse non erano ritualmente disciplinate nel D.Lgs. n. 546/1992 ed erano prive, pertanto, di efficacia probatoria.
Al contrario, d’ora in avanti, con la riforma introdotta dalla L. n. 130/2022, la testimonianza scritta, lungi dall’assumere mero valore indiziario necessitante di essere comprovato da ulteriori elementi istruttori, in quanto espressamente regolamentata dal D.Lgs. n. 546/1992, assumerà la natura di piena prova processuale (se conforme alle modalità prescritte dall’art. 257-bis c.p.c.) tale da indurre il giudice tributario a ritenere dimostrate le circostanze di fatto ivi descritte.
Il relativo utilizzo, seppur tutt’oggi precluso con riferimento ai fatti descritti dall’autorità pubblica in un verbale istruttorio, potrebbe invece essere ben utile per contestare, ad esempio, valutazioni prettamente induttive dell’organo istruttore che, non vertendo su fatti descritti con fede privilegiata, potranno essere contraddette per il tramite della testimonianza scritta di soggetti terzi.
Si pensi alle percentuali di ricarico sul costo del venduto praticate dall’impresa che, se presunte in misura maggiore dall’organo istruttore, potrebbero essere confermate nel valore contabilizzato dall’impresa attraverso la testimonianza di un soggetto impiegato nell’attività commerciale. Ovvero ancora, si pensi alla fattispecie dei versamenti su conto non contabilizzati, che si presumono costituire ricavi occulti dell’attività d’impresa. Con la testimonianza scritta di un terzo, si potrebbe dimostrare che i versamenti non abbiano rilevanza reddituale in quanto estranei all’attività dell’impresa.
In generale, si ritiene che tutte le ricostruzioni fondate su presunzioni potrebbero essere contestate dal contribuente ricorrendo alla testimonianza scritta sempre che essa, oltre che conforme alle prescrizioni dell’art. 257-bis c.p.c., appaia poi attendibile al giudice. Da qui, la forza, si auspica dirompente, che il mezzo di prova in questione potrebbe assumere in futuro a favore del contribuente nel novellato processo tributario.
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