Il pignoramento del conto corrente non esclude la sanzionabilità del contribuente per l’omesso versamento delle imposte.
La fattispecie.
Non è immune dalla irrogazione di sanzioni amministrative tributarie il contribuente che ometta di versare le imposte adducendo a sua giustificazione il sopraggiunto imprevedibile pignoramento del conto corrente bancario su azione di un terzo creditore. Difatti, tale circostanza non è riconducibile all’esimente previsto dall’art. 6, comma 5, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, che esclude la punibilità della condotta per forza maggiore.
Questo è il principio affermato dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte (Sez. III) con la sentenza depositata il 13 ottobre 2021, n. 800 (qui allegata). Con tale pronuncia, i giudici piemontesi, in continuità al consolidato orientamento della giurisprudenza europea e di legittimità, hanno accolto l’impugnazione presentata dall’Agenzia delle Entrate avverso una sentenza emessa in primo grado dalla Commissione Tributaria Provinciale di Vercelli.
La vicenda esaminata dai giudici nel caso di specie aveva ad oggetto la posizione debitoria di un contribuente che, dopo aver definito in acquiescenza e con modalità dilazionata un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate, non aveva proseguito nel pagamento delle rate dovute in base al concordato piano di ammortamento del debito.
A tale omesso versamento delle somme dovute era seguito, ai sensi dell’art. 15-ter, comma 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, l’automatica decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo delle residue somme a titolo di imposte, sanzioni ed interessi.
Alla emissione di un successivo avviso di intimazione da parte dell’ente impositore si opponeva il contribuente proponendo ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale territorialmente competente ed adducendo, a giustificazione dell’omesso versamento delle somme dovute in base al piano di rateazione, la circostanza di aver subito un pignoramento da parte di un creditore sul proprio conto corrente bancario con conseguente blocco della disponibilità delle relative somme giacenti.
La Commissione Tributaria Provinciale adita, ritenendo che il pignoramento del conto corrente bancario integrasse una causa di forza maggiore, accoglieva il ricorso, annullando l’atto di riscossione e, quindi, l’intera pretesa tributaria.
La decisione di primo grado, su impugnazione dell’Agenzia delle Entrate, veniva però riformata in appello dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte che, censurando le conclusioni dei giudici di prime cure, riteneva non riconducibile all’ipotesi della forza maggiore il pignoramento del conto corrente bancario ed il conseguente blocco delle somme ivi giacenti.
La nozione di forza maggiore nel diritto tributario.
La sentenza n. 800/2021 della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte appare condivisibile nelle sue conclusioni e merita di essere commentata in quanto consente di chiarire la nozione di “forza maggiore” anche in ragione dei consolidati principi sanciti dalla giurisprudenza dell’Unione europea e di legittimità nonché di ulteriori chiarimenti forniti dalla prassi amministrativa.
A tal riguardo, occorre anzitutto precisare che l’esimente della forza maggiore, ai sensi dell’art. 6, comma 5, del D.Lgs. 472/1997, può escludere eventualmente solo la irrogazione delle sanzioni e non sortisce, invece, alcun effetto con riferimento alle somme dovute a titolo di imposte ed interessi le quali, quindi, sono sempre dovute anche laddove la condotta illecita sia dipesa da un evento esterno imprevedibile e non imputabile al contribuente. Tanto manifesta già l’erroneità della pronuncia di primo grado che, nel caso di specie, aveva annullato integralmente l’intimazione di pagamento impugnata dal contribuente e non soltanto le somme iscritte a ruolo a titolo di sanzioni amministrative.
Chiarito l’ambito di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 6, comma 5, del D.Lgs. n. 472/1997, è utile evidenziare, così come precisato nella sentenza in commento, che, in base all’insegnamento della giurisprudenza dell’Unione europea (v. sentenze della CGUE nei procedimenti C-314/06, C-325/03, C-208/01 e C-195/91), “la nozione di forza maggiore comporta la sussistenza sia di un elemento oggettivo – relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore – sia di un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi”.
In buona sostanza, seguendo la predetta impostazione teorica, al fine di invocare legittimamente l’esimente della forza maggiore, il contribuente è chiamato a dimostrare in giudizio sia la verificazione di un fatto esterno, imprevedibile ed inevitabile per l’operatore economico, che lo abbia materialmente indotto a commettere la violazione (elemento oggettivo) e sia di aver adottato qualsiasi soluzione possibile per prevenire adeguatamente le conseguenze dell’evento (elemento soggettivo).
Nel diritto tributario, come chiarito anche dall’Amministrazione finanziaria (v. Min. fin., circ. 10 luglio 1998, n. 180 e, più recentemente, Ag. Ent., circ. 3 aprile 2020, n. 8/E), un’ipotesi di forza maggiore potrebbe ricorrere nel caso di calamità naturali o fatti imprevedibili ed imputabili a terzi (ad esempio, scioperi di uffici pubblici, disfunzioni di sistemi digitali amministrativi, furti, dimostranze pubbliche, etc.). Trattasi di eventi che, in egual misura, potrebbero materialmente impedire al contribuente di adempiere precisi obblighi di legge come, ad esempio, trasmettere telematicamente la dichiarazione tributaria ovvero eseguire il versamento delle imposte alle scadenze dovute.
Con riferimento, invece, al requisito soggettivo, e volendo circoscrivere la presente indagine alla fattispecie dell’omesso versamento dei tributi, su cui la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte ha avuto modo di pronunciarsi, il contribuente dovrebbe dimostrare di aver adottato qualsiasi misura utile a reperire le risorse finanziarie necessarie al versamento dei tributi, quand’anche sfavorevole per il suo patrimonio, senza tuttavia riuscirvi.
Conclusioni.
In ragione dei principi innanzi riassunti, la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte ha ritenuto che l’indisponibilità delle somme giacenti sul conto corrente, conseguente al pignoramento da parte di un terzo creditore, “non costituisce circostanza anomala, estranea al contribuente” e, quindi, non è riconducibile ad una ipotesi di forza maggiore. Difatti, si legge nella sentenza in commento, il pignoramento delle somme integra una vicenda che “è anche conseguenza della mancata adozione di adeguate cautele, vale a dire di iniziative dirette a prevenire e comunque a gestire la propria situazione di crisi di liquidità”. In tal modo, la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte ha, quindi, ritenuto insussistenti entrambi i presupposti applicativi della forza maggiore che avrebbero potuto escludere l’irrogazione delle sanzioni amministrative tributarie.
Al di là delle condivisibili conclusioni della sentenza in commento, secondo cui il pignoramento del conto corrente con conseguente impossibilità di disporre delle somme giacenti non esclude la sanzionabilità della condotta, è possibile affermare, in via più generale, che la mancanza di liquidità difficilmente potrebbe giustificare l’omesso versamento dei tributi in quanto trattasi di un evento, peraltro assai ricorrente nella prassi, che il più delle volte è imputabile alla mancata adozione da parte del privato di adeguate cautele volte a prevenire una situazione di difficoltà finanziaria.
Di conseguenza, solo il contribuente che dimostri processualmente di aver attuato adeguate misure di prevenzione (ad esempio, accantonando periodicamente somme disponibili) ovvero di aver fatto ricorso ad appositi strumenti negoziali aventi ad oggetto il proprio patrimonio (si pensi ai prestiti, alla vendita di beni patrimoniali, alla riorganizzazione dell’attività economica), senza essere riuscito a fronteggiare la crisi di liquidità, potrà invocare più ragionevolmente l’applicazione dell’esimente della forza maggiore (cfr. ex multis Cass. civ., Sez. V., 3 giugno 2021, n. 15415).
Il tutto considerando, però, che l’omesso versamento delle imposte non può trovare obiettivamente alcuna giustificazione laddove concerni tributi addebitati in rivalsa a terzi dal soggetto passivo. È il caso dell’IVA con riferimento alla quale il contribuente dovrebbe prudenzialmente accantonare le relative somme, addebitate in fattura al committente, per destinarle all’Erario nei termini previsti.
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