Reati tributari e Modelli 231: l’importanza di strutturare l’attività d’impresa al fine di prevenire la responsabilità amministrativa diretta della società.
a cura del Dott. Enrico Decataldo
Il contesto normativo.
Il D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 ha introdotto per la prima volta nell’ordinamento giuridico una forma di responsabilità di società ed enti commerciali per i reati commessi da persone fisiche nell’interesse o a vantaggio dei primi.
In passato, infatti, la vigenza del principio societas delinquere non potest imponeva di sanzionare esclusivamente l’autore materiale della condotta illecita, ossia la persona fisica, escludendo, così, qualsiasi conseguenza sanzionatoria per la persona giuridica.
Con la citata disciplina, in ragione della crescente necessità di contrastare fattispecie sempre più complesse di illeciti economici commessi nell’esercizio dell’attività d’impresa, il legislatore ha previsto la responsabilità amministrativa delle società e degli enti commerciali per i reati commessi dai c.d. soggetti qualificati, ossia i soggetti apicali (amministratori, dirigenti, rappresentanti, etc.), o da coloro che agiscono alle dipendenze di questi ultimi (cfr. art. 5, D.Lgs n. 231/2001).
È opportuno precisare che non qualunque fattispecie di illecito penale, commesso da persone fisiche nell’interesse della società o dell’ente, può far sorgere la responsabilità amministrativa di quest’ultimi. A tal fine, è necessario infatti che il soggetto qualificato ponga in essere uno dei c.d. “reati presupposto” ossia uno di quegli illeciti, espressamente indicati agli articoli 24 e ss. del D.Lgs. n. 231/2001, al cui verificarsi la società o l’ente sono passibili dell’applicazione delle relative sanzioni.
Trattasi di sanzioni particolarmente gravose a contenuto principalmente pecuniario e/o interdittivo in grado di compromettere la consistenza finanziaria dell’impresa ovvero, nei casi più gravi, il regolare esercizio, attuale o futuro, dell’attività economica. Si pensi, ad esempio, alla sanzione amministrativa pecuniaria, all’interdizione dall’esercizio dell’attività, alla sospensione o alla revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito, al divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, all’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed alla eventuale revoca di quelli già concessi finanche al divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Il novero dei reati presupposto, come detto individuati dagli articoli 24 e ss. del D.Lgs. n. 231/2001, è stato negli anni ampliato ed esteso a fattispecie inizialmente non previste.
A tal riguardo, il D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, novellando il D.Lgs. n. 231/2001 con l’introduzione dell’art. 25-quinquiesdecies, ha esteso la responsabilità delle società e degli enti al contesto dei reati tributari ed, in particolare, alle ipotesi di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. n. 74/2000), dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3, D.Lgs. n. 74/2000), emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8, D.Lgs. n. 74/2000), occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10, D.Lgs. n. 74/2000) e di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11, D.Lgs. n. 74/2000).
Il novero dei reati presupposto è stato, poi, ulteriormente ampliato dal D.Lgs. 14 luglio 2020, n. 75, attuativo della Direttiva UE n. 2017/1371 “relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale” (c.d. Direttiva PIF), che ha aggiunto all’art. 25-quinquesdecies la previsione di ulteriori fattispecie di illeciti penali tributari quali reati presupposto della responsabilità ex D.Lgs. n. 231/2001. A tal riguardo, il legislatore ha aggiunto i reati di dichiarazione infedele (art. 4, D.Lgs. n. 74/2000), omessa dichiarazione (art. 5, D.Lgs. n. 74/2000) ed indebita compensazione (art. 10-quater, D.Lgs. n. 74/2000) allorquando, però, siano commessi nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri al fine di evadere l’IVA per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro.
Per ognuna di dette fattispecie di illeciti penalmente rilevanti, il D.Lgs. n. 231/2001 prevede la irrogazione alla persona giuridica di una sanzione pecuniaria variabile, quantificabile in quote, con possibilità di incremento di un terzo nei casi in cui la società o l’ente abbia conseguito un profitto di rilevante entità. Il che significa, nella sostanza, in caso di compimento di illecito penale tributario presupposto, la possibilità di subire l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di euro 103.200 ad un massimo di euro 1.032.667.
I presupposti di sanzionabilità della condotta.
È opportuno precisare che non sempre alla consumazione di un reato presupposto da parte di una persona fisica segue automaticamente la responsabilità amministrativa della società, essendo a tal fine necessaria la sussistenza di alcune condizioni.
In particolare, come già evidenziato, è necessario che la condotta penalmente rilevante sia posta in essere da un soggetto qualificato (ad esempio l’amministratore) o da una persona sottoposta alla direzione o alla vigilanza del primo nell’interesse esclusivo o, comunque, a vantaggio della società o dell’ente. Ciò implica che qualora la condotta illecita venga realizzata dal soggetto apicale nell’interesse esclusivo proprio o di terzi, e tale circostanza venga processualmente accertata, non sorgerà alcuna responsabilità giuridicamente rilevante per la persona giuridica.
Le condizioni di esonero della responsabilità amministrativa.
La responsabilità amministrativa della società o dell’ente è automaticamente esclusa al verificarsi delle condizioni di esonero espressamente sancite dal legislatore all’art. 6 del D.Lgs. n. 231/2001, ossia qualora la persona giuridica dimostri di aver adottato, prima della commissione del fatto illecito, specifici meccanismi di controllo dell’operato dei soggetti apicali.
Specificamente, un primo presupposto previsto dal legislatore per l’esclusione della responsabilità amministrativa del soggetto societario è l’adozione e l’efficace attuazione, all’interno di essa ed antecedentemente al verificarsi dell’illecito, di un modello di organizzazione e di gestione idoneo a prevenire il compimento di reati della specie di quello verificatosi. In secondo luogo, è necessario che la società abbia altresì specificamente affidato ad un organismo di vigilanza, dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, il compito di supervisionare sull’osservanza del predetto modello di organizzazione, sollecitandone l’aggiornamento laddove opportuno.
In aggiunta alle precedenti, ai fini dell’esclusione della responsabilità amministrativa, l’art. 6 del D.Lgs. n. 231/2001, introducendo una inversione dell’onere probatorio, impone anche alla persona giuridica di dimostrare di aver adottato modelli organizzativi e sistemi di vigilanza efficienti per prevenire la commissione dell’illecito da parte del singolo e che, ciononostante, la persona fisica abbia commesso l’illecito penale eludendo con frode i prescritti modelli di organizzazione e di gestione.
L’importanza di predisporre un modello organizzativo 231.
Quanto sinora esposto evidenzia come la predisposizione di un modello di organizzazione e di gestione dell’attività della società adeguato alla natura, alle dimensioni e alla sua attività commerciale, in seguito all’estensione del novero delle fattispecie presupposto ai reati tributari, assuma oggi un’importanza alquanto rilevante.
Infatti, la categoria degli illeciti penali tributari rappresenta un contesto ad elevato grado di rischio per l’impresa in quanto la gran parte degli adempimenti, ad esempio quelli dichiarativi, possono essere compiuti esclusivamente dal soggetto apicale, ossia il legale rappresentante che sottoscrive la dichiarazione dei redditi, ad esclusivo vantaggio della società. Trattasi, in altri termini, di fattispecie da cui potrebbe facilmente scaturire la commissione di uno dei reati presupposto e la automatica integrazione dei presupposti oggettivi e soggettivi della responsabilità amministrativa ex D.Lgs. n. 231/2001.
Da tale circostanza consegue che, per escludere la propria responsabilità, incomberà sulla società l’onere di dimostrare di aver predisposto al proprio interno un modello di amministrazione, gestione e controllo nonché un sistema di vigilanza idonei a prevenire il compimento della specifica fattispecie di reato e che, ciononostante, l’autore dell’illecito abbia utilizzato il proprio ruolo per raggirare fraudolentemente i predetti sistemi.
In ragione delle conseguenze sanzionatorie che potrebbero scaturire sulla persona giuridica in conseguenza della condotta del singolo, è assolutamente consigliato, pur non essendo obbligatorio, che ogni società adotti al proprio interno un modello di organizzazione e di gestione dell’attività d’impresa che sia effettivamente idoneo, in primo luogo, ad individuare tutte le possibili aree di rischio (non solo relative all’adempimento di obblighi tributari ma anche inerenti alla gestione dei rapporti economici con operatori esterni) ed, in secondo luogo, ad assicurare l’adozione di efficienti strumenti di controllo dell’operato dei singoli finanche la formulazione di segnalazioni circostanziate relative al verificarsi di condotte illecite.
Quindi, l’adozione da parte del management aziendale di un modello amministrativo, organizzativo e contabile adeguato alla natura, alle dimensioni e all’attività economica svolta rappresenta uno strumento particolarmente utile a prevenire l’irrogazione di sanzioni particolarmente gravose salvaguardando, così, la continuità aziendale e prevenendo anche il coinvolgimento della persona giuridica in uno o più procedimenti giudiziari considerando anche quello prettamente tributario. Difatti, laddove l’illecito tributario commesso abbia rilevanza penale, il procedimento sanzionatorio ex D.Lgs. n. 231/2001 si aggiunge a quello autonomo e distinto che segue ad una specifica contestazione amministrativa dell’Agenzia fiscale per il recupero dei tributi evasi. Il tutto, ovviamente, senza considerare il procedimento penale a cui verrà personalmente sottoposto il soggetto apicale della società.
Ma non solo. L’introduzione all’interno della società o dell’ente di detti strumenti di prevenzione potrebbe garantire ulteriori effetti positivi in chiave di miglioramento dell’efficienza dell’attività commerciale. Difatti, l’adozione di un modello di organizzazione e di gestione interno, idoneo a controllare costantemente i profili amministrativo-contabili, le criticità dei singoli rami d’azienda, i flussi finanziari, i risultati economici, etc., consentirebbe certamente di disporre di un quadro sicuramente puntuale dell’attività economica e, conseguentemente, di intervenire, in maniera tempestiva, all’emergere di eventuali criticità, assicurando il miglioramento dell’attività economica stessa.
In definitiva, l’adozione di un modello organizzativo 231, pur comportando per una società i relativi oneri finanziari attuativi, comunque deducibili dal reddito di impresa, rappresenta indubbiamente il miglior strumento di controllo della prassi aziendali ed un argine efficace contro rischi e contestazioni particolarmente gravi che possono obiettivamente verificarsi anche nell’ambito di realtà aziendali tradizionalmente sane.
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