Il cram down: l’istituto che consente all’impresa in crisi di rideterminare i debiti tributari e contributivi anche in mancanza di adesione da parte del Fisco e degli enti previdenziali.
Il Trattamento dei crediti tributari e contributivi, disciplinato dall’art. 182-ter della Legge fallimentare (R.D. n. 267/1942), tradizionalmente noto come “Transazione fiscale” (o “contributiva”), è un istituto a cui l’imprenditore soggetto alla disciplina del fallimento deve ricorrere ogniqualvolta voglia proporre all’Amministrazione finanziaria o ad un Ente di previdenza obbligatoria una soluzione di composizione bonaria dei debiti nell’ambito del concordato preventivo ovvero di un accordo di ristrutturazione.
Prima delle modifiche introdotte alla Legge fallimentare dalla L. 27 novembre 2020, n. 159, una soluzione concordataria era possibile solo con l’adesione del creditore pubblico qualificato (Agenzia fiscale o ente di previdenza) alla proposta del debitore in quanto necessaria al raggiungimento delle maggioranze prescritte ai fini dell’omologazione, da parte del Tribunale, della procedura concorsuale del concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione dei debiti.
Tuttavia, l’art. 3, comma 1-bis, del D.L. del 7 ottobre 2020, n. 125, così come inserito dalla legge di conversione n. 159/2020, ha recentemente modificato il contenuto degli articoli 180 e 182-bis della Legge fallimentare, introducendo la possibilità per il Tribunale di procedere, in base ad una valutazione di maggior convenienza della proposta dell’imprenditore rispetto all’alternativa del fallimento, all’omologazione del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, anche in caso di “mancanza di voto” o “mancanza di adesione”, da parte dell’Amministrazione finanziaria o degli enti di previdenza.
Tale nuovo istituto, denominato cram down, è attuabile qualora l’assenso del creditore pubblico sia determinante ai fini del perfezionamento della domanda dell’impresa e sempreché, ovviamente, la proposta del debitore sia più conveniente della alternativa liquidatoria fallimentare.
In merito alla prima condizione normativa, l’adesione del creditore pubblico deve ritenersi “determinante” ai fini dell’omologazione del concordato preventivo qualora, senza la relativa espressione di voto favorevole, non sia possibile raggiungere la maggioranza dei creditori ammessi al voto ai sensi dell’art. 177 del R.D. n. 267/1942. In maniera similare, in tema di accordi di ristrutturazione dei debiti, l’adesione del creditore pubblico può ritenersi “decisiva” quando da sola, o congiuntamente a quella di altri creditori, sia tale da consentire il raggiungimento almeno del 60% dei crediti complessivi pendenti nei confronti del debitore e, quindi, l’omologazione della proposta.
Circa il significato da attribuire alle espressioni “mancanza di voto” o “mancanza di adesione”, l’orientamento giurisprudenziale che sembra divenire prevalente è quello secondo cui debba farsi riferimento non soltanto all’ipotesi in cui il creditore pubblico non replichi affatto alla proposta del debitore, ma anche al caso in cui venga opposto un diniego espresso. Tale orientamento è emerso nelle prime pronunce giurisprudenziale che si sono susseguite sul tema (Trib. La Spezia, 14 gennaio 2021; Trib. Genova, 13 maggio 2021), per quanto non manchino, occorre evidenziare, pronunciamenti di segno opposto che si fondano su argomentazioni meritevoli di apprezzamento (Trib. Bari, 18 gennaio 2021).
La tesi estensiva, che intende ammettere la disciplina del cram down anche in caso di espresso diniego del creditore pubblico alla proposta del debitore, secondo i relativi sostenitori (tra questi G. Andreani – A. Tubelli, “Transazione fiscale omologabile anche con il rigetto del Fisco”, in Il fisco, n. 6/2021), sarebbe coerente con la ratio legislativa che, seppur espressa all’interno del nuovo codice della crisi di impresa e dell’insolvenza di prossima attuazione, sarebbe quella di superare le “ingiustificate resistenze alle soluzioni concordate spesso registrate nella prassi da parte degli enti impositori”.
Con riferimento, invece, al requisito della convenienza, che gli articoli 180 e 182-bis della Legge fallimentare indicano quale seconda condizione in ragione della quale il Tribunale omologa la proposta transattiva del debitore anche in assenza di adesione del creditore pubblico, esso sussiste laddove la proposta economica presentata dal debitore per estinguere i propri debiti sia superiore al valore di presumibile realizzo che il singolo creditore potrebbe ottenere con la vendita dei beni del debitore in caso di fallimento.
Ad esempio, se la proposta del debitore è di 100 ed il valore di presumibile realizzo che si potrebbe ottenere con la liquidazione del suo patrimonio è di 80, allora la proposta dovrà ragionevolmente ritenersi conveniente. Al fine di individuare il valore di presumibile realizzo con la liquidazione dei beni del debitore, si potrà fare affidamento ad una relazione tecnica di un professionista indipendente che stimi detto valore.
Per quanto riguarda, invece, il momento in cui la novella normativa introdotta nella Legge fallimentare può ritenersi applicabile, va osservato che l’art. 3, comma 1-bis, del D.L. n. 125/2020 è in vigore dal 4 dicembre 2020 ed è, quindi, certamente applicabile con riferimento a quelle domande di concordato preventivo e a quelle proposte di ristrutturazione dei debiti che il contribuente abbia presentato successivamente a tale data.
Si pone, però, il problema della possibile applicazione retroattiva della disciplina del cram down ai procedimenti pendenti, non essendo stata prevista dal legislatore del D.L. n. 125/2020 alcuna disposizione transitoria valida a disciplinare le istanze presentate dal debitore anteriormente al 4 dicembre 2020.
Ciononostante, posto che la ratio dell’intervento normativo è anche quella di scongiurare la crisi causata dall’emergenza epidemiologica Covid-19, potrebbe ritenersi che le modifiche introdotte agli articoli 180 e 182-bis del R.D. n. 267/1942 siano applicabili in tutti i casi in cui, alla data del 4 dicembre 2020, non siano state ancora indette le operazioni di voto e non sia, pertanto, ancora intervenuto il provvedimento di omologazione dell’Autorità giudiziaria. In tal senso, si riscontrano, peraltro, già le prime pronunce della giurisprudenza di merito (Trib. Napoli, 9 aprile 2021).
In ragione delle argomentazioni sinora esposte, le modifiche recentemente introdotte alla legge fallimentare assumono particolare importanza in quanto rendono oggi possibile per un debitore ottenere una validazione della propria proposta transattiva, dunque una proposta finalizzata all’estinzione del debito tributario o previdenziale con il pagamento di una somma inferiore a quella effettivamente dovuta ed iscritta a ruolo, anche senza il consenso del creditore pubblico.
Sebbene gli articoli 180 e 182-bis del R.D. n. 267/1942 siano applicabili ai soggetti fallibili, per i contribuenti non sottoposti alla Legge fallimentare è possibile, invece, far riferimento alla disciplina del sovraindebitamento di cui all’art. 12, comma 3-quater, della L. 27 gennaio 2012, n. 3.
Anche per i soggetti non fallibili, infatti, in ragione di quanto recentemente introdotto dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, l’accordo di composizione della crisi è parimenti omologato dal Tribunale anche in mancanza di adesione da parte del creditore pubblico sempre che essa sia decisiva per il raggiungimento delle maggioranze stabilite ai fini della omologazione e che la proposta sia conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.
Tuttavia, se le condizioni di omologazione dell’accordo sono sostanzialmente le stesse di quelle previste per i debitori fallibili dagli articoli 180 e 182-bis della Legge fallimentare, diverso è l’ambito oggettivo di applicazione del cram down per i soggetti non fallibili. Difatti, mentre nel sovraindebitamento l’omologazione “coattiva” dell’accordo di composizione della crisi è possibile solo con riferimento alla posizione creditoria dell’Amministrazione finanziaria, nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti, per quanto visto in precedenza, le nuove regole valgono anche per la definizione dei debiti pendenti nei confronti di enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie.
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